CETMA
Ricerca: non vogliamo due Italie

Di Luigi Barone – Presidente Comitato Tecnico Scientifico CETMA

Il Capitale Umano di un’impresa e di un Territorio è un fattore determinante per lo sviluppo. Un suo indicatore importante è il numero di Ricercatori e di Addetti alla Ricerca (AR), inclusi cioè i tecnici ed altro personale.

Tipicamente per ogni Ricercatore nelle attività risulta impegnata un po’ più di un’altra persona.

È l’ISTAT a riportare queste statistiche e a renderle disponibili online sui suoi “datawarehouse”.

In Italia, nel 2019, risultavano 160.824 Ricercatori e 355.854 AR ripartiti.

Balza subito in evidenza la differenza, in termini assoluti, tra le diverse Ripartizioni, e che il Sud può contare su meno di un terzo dei Ricercatori del Nord. Un’analisi più accurata richiede tuttavia di considerare questi valori in rapporto sia alla popolazione sia agli occupati. 

Risulta che gli AR, in rapporto agli abitanti, nel Sud sono meno della metà del Centro Nord.

Rispetto agli occupati, gli AR sono al massimo l’80% nel Sud rispetto alle altre zone. Gli AR nelle imprese e negli enti noprofit, in rapporto agli abitanti e agli occupati, sono quasi 4 volte inferiori nel Sud. Solo per gli AR pubblici (università +enti pubblici) in rapporto agli occupati il Sud prevale rispetto al Nord (ma non rispetto al Centro).

Rispetto alla popolazione, comunque, anche questi sono il 33% in meno rispetto al Nord e meno del 50% del Centro. In questo quadro sono lampanti le cause che spingono il 25% dei laureati del Sud a emigrare. E risulta perché dal 2002 al 2017 oltre 1 milione di giovani lo abbia già fatto (Fonte Svimez). Oggi un giovane del Sud che volesse intraprendere una carriera tecnico-scientifica potrebbe sperare di essere assunto in un ente pubblico, ma è noto che questo mercato del lavoro è piuttosto ristretto, per non dire bloccato.

Al Nord, un suo coetaneo, oltre al settore pubblico, avrebbe possibilità 4 volte maggiori di trovare occupazione anche in un’impresa.

Tutto questo dipende dalla sperequata politica statale di finanziamento del settore pubblico, ciò che si ripercuote anche sullo sviluppo delle aziende. E tutto questo sta prosciugando il Capitale Umano del Sud.

Così si alimenta un pericoloso circolo vizioso, perché è più forte il drenaggio verso l’esterno proprio delle risorse che più servirebbero invece per favorire lo sviluppo. Considerato che per la Ricerca le dimensioni di impresa sono importanti, per arginare questo drenaggio occorre che le politiche pubbliche nel Sud puntino a:

1. favorire con politiche più eque la localizzazione dei centri di ricerca delle grandi aziende;

2. rafforzare e moltiplicare quelle organizzazioni no profit che assistono le piccole imprese con consulenza tecnologica e sperimentale impiegando risorse umane e strumentali altamente qualificate.

Su quest’ultimo punto è opportuno notare come queste organizzazioni no-profit diventino in pratica il laboratorio condiviso delle Pmi, abilitando processi di sviluppo che da sole le piccole e medie imprese avrebbero difficoltà a gestire. È questo un modello di sostegno allo sviluppo molto seguito in altri Paesi.